L’esigenza di migliorare le caratteristiche delle varietà di vite è da sempre stata una delle priorità di viticoltori, tecnici e ricercatori, operanti nel settore vitivinicolo. La natura stessa procede a delle sue particolari “selezioni”, le cosiddette “mutazioni”, che, se positive, possono essere fonte di biotipi diversi, e a volte opportunamente sfruttate dall’uomo.
Nell’ambito della storia della propagazione della vite, grande importanza ha avuto la cosiddetta selezione massale, che consiste nell’effettuare uno screening visivo, scegliendo e selezionando secondo criteri quali la produttività, la sanità, alcuni ceppi di vite dal quale prelevare il materiale vegetativo necessario per la produzione di barbatelle.
Nei primi anni ’70, su iniziativa del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) e del Ministero Agricoltura e Foreste, prese il via la cosiddetta selezione clonale, tecnica la cui validità è ormai assodata, che poneva come obiettivo quello di fornire alla viticoltura nazionale ed al mondo vivaistico materiali, vitigni e portinnesti, sicuri dal punto di vista sanitario. Molti Enti ed Istituti di Ricerca hanno da quegli anni lavorato alla selezione clonale, che in Italia è stata realizzata quasi esclusivamente con fondi pubblici, mettendo a disposizione, ad oggi, un gran numero di selezioni sulle diverse varietà.
L’iter della selezione clonale consiste dapprima nell’identificazione visiva di alcuni potenziali cloni, i quali vengono sottoposti ad una serie complessa di test agronomici e sanitari che consentiranno di scartare tutti gli individui non corrispondenti ai requisiti sanitari (i cui termini sono fissati a livello nazionale) e qualitativi prefissati dal costitutore. Un primo screening porterà ad un numero più limitato di piante capostipiti il cui potenziale è positivo, che verranno posizionate in campi di omologazione, e sottoposte per alcuni anni a rilievi agronomici, non tralasciando l’aspetto vitivinicolo poiché un clone, per poter arrivare all’omologazione, deve avere a suo corredo anche i rilievi analitici evidenziati in opportune microvinificazioni ed analisi sensoriali dei vini ottenuti. Solo in quel momento il potenziale clone può essere sottoposto all’iter di omologazione, per il quale è compente, con apposita commissione, il Ministero per le Politiche Agricole.
Una volta omologato, il clone potrà essere moltiplicato, tramite un Nucleo di Premoltiplicazione che lo avrà in affido, per essere diffuso presso le aziende vivaistiche e di conseguenza presso i viticoltori.
Le barbatelle o cloni dei vitigni originate da selezione clonale sono identificabili da un’etichetta di colore blu, dove sono evidenziati varietà e clone sia della marza che del portinnesto adottato: trattasi di barbatelle di categoria certificato, da non confondersi con le barbatelle standard (etichetta arancione) costituite con materiali di origine non clonale.
Il miglioramento genetico offerto dalla selezione clonale è indubbio: una pianta capostipite con ottime caratteristiche viene moltiplicata x volte per costituire vigneti di piante figlie di eguali qualità e potenzialità. Forse il solo limite della selezione clonale è quello di “massificare” le caratteristiche delle uve, riducendo di fatto la variabilità genetica presente in natura, limite al quale si può tranquillamente ovviare costituendo vigneti policlonali, visto che l’offerta di cloni, soprattutto sulle principali varietà, è ormai cospiscua.
Ovviamente, col passare del tempo, le tendenze e variazioni del mercato vitivinicolo hanno influenzato anche i criteri di scelta nell’identificazione dei potenziali cloni: quello della produttività medio-bassa è un criterio adottato solo recentemente, mentre i cosiddetti cloni della prima generazione, pur validi, sono estremamente produttivi. Ovviamente ogni azienda, a seconda delle sue esigenze e dei suoi sbocchi di mercato, può fare le scelte più opportune, senza dimenticare non sono solo il clone od il portinnesto a garantire la produzione di un ottimo vino, ma anche una oculata gestione sia agronomica che di cantina, ed una grande passione.
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