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Brexit: le nuove regole per importare vino nel Regno Unito

Dopo il referendum del 23 giugno 2016, quando con il 52% dei voti vinse il fronte anti-UE, il Regno Unito ha lasciato l’Unione europea il 31 gennaio 2020 con accordo di recesso che ha previsto un periodo transitorio fino al 31 dicembre 2020. Per favorire un’introduzione graduale degli adempimenti di importazione, il governo inglese ha previsto alcune fasi temporali. Una prima fase dal 1° gennaio al 1° luglio 2021 in cui le agevolazioni riguardano esclusivamente gli standards goods (ad es. abbigliamento o alimentari), ma non i controlled goods (ad es. i prodotti soggetti ad accise). La seconda fase a partire da luglio 2021.

Dal 1° gennaio 2021 la vendita di vino e altri prodotti alcolici da un operatore UE a un acquirente britannico sarà soggetta alle formalità proprie delle esportazioni. Dal 2021 non sarà più necessaria la presentazione degli elenchi riepilogativi delle operazioni intracomunitarie. Fino al 31 dicembre gli scambi commerciali di questi prodotti costituiscono ancora operazioni intra-UE, per cui ai fini delle movimentazione delle merci in sospensione, sarà sufficiente che il depositario autorizzato o lo speditore registrato emetta il documento e-AD munito di codice ARC (o l’MVV, per i piccoli produttori di vino che producono meno di mille ettolitri all’anno), la cui copia dovrà scortare le merci fino al deposito britannico di destinazione, dove la circolazione si concluderà con l’invio, al cedente, della nota di ricevimento convalidata. Questo movimento (articolo 41 Dl 331/93) legittima l’eventuale titolo di non imponibilità IVA recato dall’operazione intraunionale sottostante la circolazione.

Dal 1° gennaio, invece, la stessa operazione sarà considerata un’esportazione, comportando l’obbligo per l’esportatore UE di trasmettere apposita dichiarazione doganale all’ufficio di esportazione (con indicazione del codice ARC nella casella 44 del DAU), per adempiere agli obblighi dichiarativi tipici delle operazioni nei confronti di Paesi terzi. All’importazione saranno corrisposti dazi e IVA sulla base di una dichiarazione che può essere semplificata, qualora l’importatore disponga di un duty deferment account e segua la procedura prevista per i controlled good (di cui il vino fa parte).

Sul versante accise, sarà dunque sempre obbligatoria l’emissione dell’e-AD, ma questo scorterà la merce dal deposito di partenza fino alla dogana di esportazione dove le merci lasceranno il territorio dell’UE e l’operazione di esportazione si concluderà con l’apposizione del visto uscire da parte delle autorità doganali e l’emissione della nota di esportazione.

Per i trasferimenti verso UK di prodotti immessi in consumo in Italia, la legislazione vigente, l’operatore nazionale che spedisce è tenuto a prestare una cauzione a garanzia del pagamento dell’accisa nello Stato di destinazione, presentando, prima della spedizione, una dichiarazione che dimostri l’avvenuto pagamento dell’accisa nazionale ai fini del rimborso.

Dal 1° gennaio 2021, concretizzandosi un’esportazione, i prodotti perverranno alla dogana di uscita ed occorrerà la prova doganale per il rimborso dell’accisa versata. In generale,

1) dal 1° gennaio 2021 per esportare in UK è necessario presentare una dichiarazione doganale, ovvero dichiarazione di importazione con pagamento dei relativi diritti di confine. Per la sua presentazione è possibile individuare in base al prodotto commercializzato le agevolazioni possibili, almeno per il primo periodo fino a luglio 2021.

2) Per importare in UK è necessario di dotarsi di un codice Eori GB, richiedendolo via web direttamente all’amministrazione finanziaria inglese (tramite il sito del governo UK all’indirizzo https:///www.gov.uk/eori). Per il rilascio del codice sono previsti cinque giorni dalla presentazione dell’istanza. Il codice Eori GB non va richiesto per chi effettua dall’UE solo esportazioni verso UK, ma che si affida per l’importazione al cliente inglese. Esso non coincide con la partita IVA UK.

3) È utile affidarsi per l’espletamento delle formalità doganali a un intermediario abilitato con il sistema gestionale doganale inglese (Chief) dotato di un badge rilasciato dall’autorità doganale.

4) È possibile richiedere un conto differimento dei dazi (Dda – Duty deferement account) ovvero utilizzare quello dell’intermediario per accedere alle modalità di pagamento semplificato.

5) Per accedere alle autorizzazioni necessarie per accedere alle procedure di semplificazione quali il deferred declaration o le simplified declaration l’operatore deve possedere il codice Eori e per alcune autorizzazioni deve avere in UK la sede oppure una stabile organizzazione. A seguito dell’importazione in UK, per le successive operazioni interne verso un acquirente locale l’operatore UE deve assumere una posizione fiscale per fatturare le singole transizioni con IVA inglese. Nella maggior parte dei casi è sufficiente l’assunzione di una partita IVA e non anche la costituzione di una stabile organizzazione. Se un operatore possiede già un’identificazione o un rappresentante fiscale in UK potrà continuare ad operare con la posizione aperta prima del 1/1/2021. Con il codice Eori potrà effettuare l’importazione e successivamente con l’identificativo provvederà a fatturare con IVA inglese la cessione interna. Per la liquidazione e versamento dell’imposta dovrà predisporre un’apposita contabilità e dovrà presentare delle dichiarazioni periodiche trimestrali.

TRIANGOLAZIONI

La caratteristica che qualifica le operazioni triangolari è l’esistenza di due cessioni di beni consecutive, mentre il trasporto dei beni è unico.

Caso 1) Operatore UK è il soggetto promotore Ad es. nel caso in cui il soggetto UK acquista beni da un fornitore italiano e li rivende a un cessionario francese, incaricando il soggetto italiano di inviare le merci direttamente in Francia. Fino ad oggi, l’operazione effettuata da IT si qualifica come una cessione intraUE, non imponibile in Italia, mentre UK effettua un acquisto intra UE rilevante in Francia e l’IVA non è dovuta in riferimento a tale acquisto. FR è il debitore dell’imposta. Ad oggi UK non deve registrarsi e non deve versare l’imposta né in Francia né in Italia. Affinché non sia tassato ai fini IVA neppure in UK deve provare di aver effettuato l’acquisto ai fini di una successiva cessione, anche tramite presentazione dei modelli INTRA. Dal primo gennaio il promotore di questa operazione triangolare sarà un soggetto extraUE. L’operazione tra Italia e UK non sarà più intracomunitaria mancando il presupposto oggetti che entrambi gli operatori siano soggetti passivi identificati nel territorio dell’Unione. Per evitare che questa operazione sia imponibile in Italia e per evitare che il cessionario UK debba assolvere l’IVA italiana, sarebbe preferibile che lo stesso assuma una posizione IVA nel territorio della UE.

Caso 2) Soggetto UK è il destinatario dei beni Ad es. nel caso in cui il primo cedente IT ceda la merce al promotore FR che a sua volta cede i beni ad un soggetto UK e incarica il primo cedente IT ad inviare le merci direttamente in UK. Fino ad oggi questo tipo di operazione si qualifica come triangolare unionale in cui il soggetto IT realizza una cessione intraUE non imponibile in Italia, mentre FR effettua un acquisto intraUE rilevante in UK l’IVA non è dovuta in riferimento a tale acquisto. UK è debitore dell’imposta. Dal primo gennaio i beni che giungono in UK dovranno essere importati dal cessionario. Se le merci vengono consegnate in Italia a FR il quale ne cura l’esportazione, il primo cedente IT effettuerà una cessione all’esportazione non imponibile ai sensi dell’art. 8 c. 1 lett. b) DPR 633/72.

IMPORTAZIONI DAL REGNO UNITO

L’introduzione di beni nel territorio dell’UE con relativa immissione in libera pratica può avvenire senza pagamento dell’imposta, sospendendo il pgamento dell’IVA all’importazione se i beni sono destinati a proseguire verso altro Stato membro nel quale sarà assolto il tributo. Una volta scelto il paese UE in cui sdoganare i beni di provenienza extracomunitaria, gli operatori UK lì nomineranno un rappresentante fiscale per dar corso all’immissione senza pagamento dell’imposta e al successivo trasferimento intra-UE. In tal modo, pur rifornendosi da un fornitore inglese, l’acquirente nazionale continua a effettuare acquisti intracomunitari soggetti a IVA con applicazione del reverse charge. Il cessionario nazionale ai fini IVA deve integrare e registrare la fattura emessa dal rappresentante fiscale. Potrebbe darsi che il rappresentante non sia tenuto a emettere fattura e compilare solo l’elenco riepilogativo delle cessioni. Tale mancanza va sanata dal cessionario nazione con autofattura da regolarizzazione ex art. 46 c. 5 Dl 33/93 indicando l’identificativo IVA del rappresentante fiscale che deve essere quindi noto all’acquirente. È opportuno che il cessionario nazionale si faccia rilasciare idonea documentazione (compresa quella doganale) che comprovi la regolarità dell’intera operazione. L’operatore inglese potrebbe anche decidere di nominare un rappresentante fiscale in Italia per ivi immettere in libera pratica beni provenienti da fuori UE. Se i beni sono destinati al trasferimento in altri Stati membri, devono essere oggetto di una vera cessione intra-UE (che il rappresentante dovrà regolarmente fatturare) e occorre che il cessionario sia effettivamente stabilita in altro Paese UE. Se i beni restano in Italia l’imposta è assolta dal rappresentante inglese presso la dogana nazionale.

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