Ad esempio in alcuni casi il diradamento dei germogli in verde può essere una buona alternativa al diradamento dei grappoli, sopratutto dove vi è molto vigore. Tutti i viticoltori sanno che, nella classica potatura a Guyot, un tralcio più debole si pota più corto e viceversa: dove il tralcio ha un diametro eccessivo, in attesa di riportare il vigneto in equilibrio nel tempo con una corretta “dieta” (cioè, principalmente, riducendo o annullando la concimazione azotata), una potatura troppo corta ha come conseguenza l’emissione di un gran numero di germogli doppi e di femminelle, umidità intorno ai grappoli, cattiva sanità e ritardo di maturazione. Molto meglio potare lungo, ma in questo caso si rischia di produrre comunque troppa uva e quindi ritardare la maturazione: pertanto occorre completare il lavoro rimuovendo i germogli in soprannumero all’epoca della spollonatura, anche scendendo sotto il livello di 8-12 germogli al metro lineare di spalliera, che sono i “numeri magici” di una chioma in equilibrio (con differenze tra i vitigni in relazione alla lunghezza degli internodi). I germogli soppressi saranno in questo caso, oltre ai “doppi”, quelli posizionati male (quelli che puntano verso il basso e che ingombrano la “curva”).
La potatura verde è particolarmente importante nei primi 2-3 anni di vita dell’impianto, e va fatto piuttosto presto, quando i germogli sono teneri. Si tratta di dare la forma corretta alla pianta, sopprimendo i germogli che non sono funzionali a tale scopo ed evitando, così, cicatrici di taglio da potatura invernale lungo i giovani fusti, che potrebbero comprometterne la vitalità nel tempo.
L’epoca di taglio influenza in modo significativo l’epoca del germogliamento. Dove esistono rischi di gelate tardive sarebbe opportuno potare tardi, alla gemma rigonfia. Così pure nei vigneti al primo e secondo anno. Per contro se si pota prima della caduta delle foglie si ottiene lo stesso effetto, cioè un ritardo di germogliamento. Ma ciò è da evitare in generale, e in particolare su viti giovani, perché il taglio precoce interrompe la traslocazione autunnale di sostanze di riserva nel tronco e nelle radici (ed è questa la causa del ritardo che viene indotto).
I potatori soffrono di una malattia professionale, l’infiammazione del tunnel carpale, che può degenerare in periatrite, tendinite etc. Si manifesta con indolenzimento della mano. Esiste una sensibilità individuale al problema ma si può dire che nessuno ne è indenne, e che peggiora con l’età e con l’esercizio continuo della potatura. Per evitare o ridurre questo problema (che in alcuni casi si può anche cronicizzare, portando ad una impossibilità permanente di fare il lavoro) si può usare una forbice a manici lunghi, da impugnare a due mani, quindi con un braccio di leva più lungo che riduce molto lo sforzo e consente anche di fare tagli grandi, di ritorno, quelli che di solito si fanno con il seghetto. In Piemonte l’uso della forbice a due mani non è molto comune, mentre lo è, ad esempio, in Spagna, Messico e California. Va benissimo per forme di allevamento come l’alberello basso e il cordone libero: sulla spalliera è più problematica, va bene per i tagli di potatura veri e propri ma è scomoda per il lavoro di “sramatura” che quindi può essere fatta in successione da altri operatori con altri attrezzi.
La rivoluzione che ha consentito di risolvere definitivamente questo problema sono le forbici nelle quali il taglio è “servoassistito”, quindi non richiede sforzo. Possono essere di due tipo, pneumatiche o elettriche. Le pneumatiche sono sul mercato ormai da vari decenni e sono molto diffuse in frutticoltura. Sono potenti e leggere, ma richiedono un compressore e un serbatoio d’aria portati da un trattore che deve accompagnare permanentemente i potatori; ad ogni compressore si possono associare più forbici. Quindi un cantiere di lavoro un po’ complesso, almeno per le piccole aziende. Il metodo è diffuso in viticolture di grande sviluppo vegetativo con tralci di grande diametro (Puglia, Emilia). Negli ultimi anni si sono diffuse le forbice elettriche, alimentate da una batteria ricaricabile portata a zainetto. Possono tagliare anche tralci di diametro notevole ma hanno un blocco di sovraccarico che evita rischi di amputazione delle dita. Su questi attrezzi esiste una continua evoluzione ed alcuni modelli recenti sono molto funzionali ed affidabili. Purtroppo i costi di acquisto e di manutenzione sono ancora piuttosto alti. L’ordine di grandezza va da 1000 a 2000 euro per l’acquisto, vale a dire da una a due mensilità di un operaio agricolo.
Da una prova fatta alcuni anni fa alla Tenuta Cannona (la macchina era una Makita) risultò che la forbice elettrica aveva una velocità di lavoro leggermente inferiore alla manuale, ma sarebbe opportuno ripetere oggi l’esperienza con i modelli più evoluti. Alle classiche macchine francesi con i marchi leader Pellenc ed Electrocoup si sono andate affiancando sempre nuove proposte, tra cui alcune italiane, che hanno cercato di comprimere i costi senza rinunciare alla qualità dei materiali e della tecnologia. Tra queste la COIMA, ditta abruzzese specializzata in attrezzi servoassistiti elettricamente per la viticoltura e l’olivicoltura.
Maurizio Gily