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Principi fondamentali dell’affinamento dei vini rossi

I principali parametri del processo e un esempio di affinamento in vasca

Questo documento ha per unica ambizione di richiamare gli elementi importanti che vanno controllati per la gestione dell’affinamento dei vini rossi. Per evitare di stare su generalità teoriche, prendo un esempio concreto. Sono tecniche che hanno mostrato la loro efficacia su alcuni vini rossi in Francia ed altri paesi. Non si tratta di una ricetta generale.

Introduzione

L’affinamento di un vino rosso è un processo completo di lavoro, preciso e dettagliato, rigoroso nella pianificazione e il controllo, con un calendario previsionale, dei mezzi materiali e umani sufficienti. L’obiettivo è di sviluppare pienamente le potenzialità del vino per soddisfare i consumatori.
Se questi principi fondamentali non vengono rispettati, si “conserva” il vino, lasciando la natura generare odori solforati spiacevoli e un gusto amaro, lasciando i lieviti di alterazione (tipo Brettanomyces) svilupparsi e produrre odori sporchi e gusti metallici molto spiacevoli. Dopo un non-lavoro di questo tipo, si deve lavorare in modo correttivo. E’ un andamento del tutto opposto al rispetto dei consumatori e alle potenzialità dei terroir.

L’affinamento comincia al momento dello svuotamento

Subito dopo lo svuotamento, è necessario agire considerando contemporaneamente 9 elementi principali. Interferiscono fortemente gli uni sugli altri. Non si può considerare uno solo di questi elementi senza pensare agli altri.
1. La composizione del vino in polifenoli e polisaccaridi e il modo in cui sono state fatte le diffusioni durante la macerazione,
2. Le fecce presenti nel vino: le loro qualità ma soprattutto la loro composizione,
3. I movimenti del vino e delle fecce,
4. Il legno, quando si lavora in barrique,
5. L’ossigeno
6. La temperatura
7. La microflora di contaminazione dei vini
8. Le solfitazioni e gli equilibri della S02 nei vini
9. Il tempo
Ciò è vero per il lavoro in vasca. Ciò è vero per il lavoro in barrique. Un affinamento riuscito è un programma che combina in modo coerente questi elementi rispetto a un obiettivo di prodotto.
Ci sono tanti affinamenti riusciti quanti obiettivi di prodotti, uve e schemi di lavoro di macerazione e di fermentazione. Si può fare un parallelo con la macerazione. Oggi si considera molto azzardata una vinificazione in cui non sono conosciuti né pianificati i seguenti elementi: la concentrazione dell’uva, la solfitazione dell’uva, le temperature, la forma della vasca, la durata di macerazione, la tecnica di lavoro del cappello di vinaccia e la frequenza di applicazione, la frequenza delle ossigenazioni, il lievito, gli enzimi, le pratiche d’igiene delle attrezzature, etc;
Molti vinificatori intregrano perfettamente tutti questi elementi e le loro interazioni per la macerazione. E li affinano per ogni vasca in funzione dell’obiettivo di prodotto, del vitigno, dell’annata, etc.
Queste persone hanno la stessa professionalità sui 9 elementi di base dell’affinamento? A ciascuno la risposta dopo un bilancio delle proprie pratiche enologiche…

Esempio di un vino rosso posizionato a 5 euro in vendita diretta, imbottigliato prima dell’estate

Quadro tecnico generale dell’esempio scelto: forte percentuale di Merlot, macerazione di 20 giorni circa con numerose ossigenazioni, con la fermentazione alcolica terminata sotto la vinaccia e la fermentazione malolattica in vasca. Affinamento in vasca fino all’imbottigliamento.

1. Prima della fermentazione malolattica e dopo la FMl : già tappe chiavi dell’affinamento

Questa fase è raramente gestita come parte integrante dell’affinamento.
Eppure è una fase in cui si stabilizza molto il sistema polifenolico e in cui si fa una prevenzione molto attiva di certi rischi come gli odori solforati e i tannini con gusti secchi. Come gestire contemporaneamente i 9 elementi fondamentali della tabella sopra e definire una linea di condotta pratica?

Certe azioni sono prioritarie a livello di organizzazione del lavoro, come ad esempio i travasi. Un travaso provoca aggiunte di ossigeno e movimenti di lieviti. Quando il programma dei travasi è previsto, se ne analizzano gli impatti sugli altri assi: l’ossigeno e il movimento dei lieviti. In seguito si prevede un complemento se le aggiunte di ossigeno non sono sufficienti o se i lieviti non sono abbastanza agitati.

Descrizione dettagliata del programma di lavoro
Svuotamento, pressatura, taglio tra il vino fiore e i primi vini di pressa (pressatura soffice). Temperatura 20°C.
Applicazione di un programma di 2 travasi con aerazione a 24 ore poi a 72 ore dopo svuotamento. Inoculo di batteri lattici subito dopo il 2° travaso. L’inoculo è realizzato per ottenere una fermentazione malolattica (FML) terminata 10 -15 giorni dopo lo svuotamento.
NB: Per le annate con un pH elevato è una delle tecniche più efficaci di prevenzione contro i microrganismi di alterazione dei vini, utilizzando dosi di S02 moderate. I germi più pericolosi sono i lieviti Brettanomyces e i batteri lattici dei generi Pediococcus e Lactobacillus, che si sviluppano facilmente anche nelle vasche completamente piene.

Commenti sul processo presentato
Ossigeno, tempo, aggiustamento del livello di fecce e composizione delle fecce
Durante quei 3 giorni che seguono lo svuotamento si aggiunge 2 volte dell’ossigeno disciolto lasciando il vino prendere l’ossigeno al momento dei pompaggi. E’ coerente, a quel momento della vinificazione, con l’eliminazione delle fecce pesanti (in particolare le grosse particelle vegetali), con la quantità di lieviti rimasta nel vino, e con l’obiettivo di assenza di aromi vegetali e di odori solforati. Normalmente non bisogna aggiungere quantità supplementari di ossigeno se la gestione dello stesso è stata soddisfacente durante la macerazione.

Movimenti del vino e delle fecce leggere
Poi l’avvio rapido della fermentazione malolattica manterrà i lieviti in movimento grazie alla CO2 prodotta dai batteri.

Gestione delle temperature
La temperatura di 20°C ha come scopo di mettere i batteri lattici selezionati in condizioni favorevoli. Per i vini ricchi di alcool (al di sopra del 12,5%vol) al di sopra di 20°C la temperatura ha un effetto negativo sui batteri lattici. Temperature non superiori a 20°C aiutano anche a limitare lo sviluppo esplosivo di microrganismi contaminanti.
Con l’ossigeno ricevuto sotto vinaccia durante la macerazione, poi durante i travasi pre-FML, il sistema polifenolico del vino (i polifenoli e i polisaccaridi) è in uno stato che gli permette di proseguire la sua evoluzione positiva per gli 8-10 giorni a 20°C della FML. Anche i polisaccaridi batterici partecipano in modo positivo a questa evoluzione.

Solfitazione e gestione dei germi di alterazione
Non appena l’acido malico viene esaurito, un travaso seguito da una solfitazione omogenea permettono una buona gestione microbiologica ed il proseguimento dello sviluppo aromatico e gustativo del vino.
Per tutto il tempo che dura la FML, per certi vini con una concentrazione molto elevata in polifenoli, un movimento regolare dei lieviti ancora presenti (con una pompa immersa di qualità alimentare) permetterà di sviluppare ancora di più il sistema polifenolico e polisaccaridico. Questi movimenti non disturbano affatto i batteri lattici.

2. Dopo la fermentazione malolattica : proseguire un programma intenso che tenga conto dei nuovi equilibri del vino

In questo esempio, l’obiettivo è di raggiungere, prima dei freddi invernali, un vino con aromi dolci (fruttati canditi e speziati), un vino con volume in bocca, con tannini morbidi (astringenza e secchezza ridotte rispetto all’intensità tannica), e naturalmente niente odori solforati e niente tannini metallici amari.
Tutto il lavoro sotto vinaccia durante la macerazione e il lavoro intorno alla fermentazione malolattica hanno un ruolo molto importante.

Aggiustamento del livello delle fecce e composizione delle fecce
A partire da quel momento, il vino preso in esempio ha una carica in particelle piuttosto piccola. Infatti, il primo travaso ha eliminato le fecce vegetali. I due travasi successivi eliminano ciascuno una parte dei lieviti. Il travaso post-FML elimina pochissimi batteri: i batteri lattici sedimentano molto difficilmente, ma presentano una massa molto ridotta.

Ossigeno, temperatura
Il vino ha sempre bisogno di ossigeno per il proseguimento del lavoro del sistema polifenolico e polisaccaridico. Ma questo ossigeno non va aggiunto con la stessa intensità delle fasi precedenti, in particolare quando la temperatura diminuisce e passa sotto i 15°C. La microossigenazione è uno strumento interessante per questa funzione di aggiunta regolare di piccole quantità di ossigeno. Le costrizioni e i limiti della sua utilizzazione sui vini rossi mediterranei sono adesso conosciuti: dose, altezza del liquido nella vasca, temperature.
Movimento delle fecce leggere. Durante un lavoro di microossigenazione, i vini che presentano ancora dei lieviti a un livello elevato vanno agitati regolarmente con un mezzo tipo una pompa immersa. Durante la microossigenazione il vino stesso viene lavorato in modo omogeneo. Ma i lieviti sono particelle troppo pesanti per essere mantenute in sospensione con il flusso ridotto della microossigenazione. Però il mantenimento dei lieviti in sospensione è un elemento importante dell’affinamento.
Senza microossigenazione, l’agitazione regolare del vino (agitatore o pompa immersa) permette anche di lavorare correttamente il vino. Ciò è particolarmente vero per i vini che sono stati bene lavorati durante la macerazione e prima della FML con aria o aggiunte di ossigeno puro.

3. Continuare una gestione attiva durante i freddi invernali e la primavera

Una volta che l’obiettivo è raggiunto, si adatta il programma di aggiunta di ossigeno, di movimenti in funzione della temperatura, della quantità di fecce leggere rimaste. Questo programma ha per obiettivo di mantenere l’apertura aromatica e la morbidezza dei tannini acquisite con la prima fase molto attiva dell’affinamento.
Le azioni di affinamento non devono essere eccessive e “stancare” il vino con aromi eterei e tannini con gusti secchi.
L’igiene perfetta di tutte le attrezzature deve naturalmente evitare la contaminazione in lieviti e batteri di alterazione.
In primavera, la temperatura non dovrà salire al di sopra di 16°C per evitare i tannini con gusti secchi e non “stancare” il vino. Per esperienza, questo genere di lavoro stabilizza molto bene i pigmenti e la struttura tannica dei vini rossi mediterranei.

Conclusione: le buone pratiche di affinamento

Ragionare per obiettivo, lavorare con precisione, con mezzi tecnici umani e finanziari adatti, gestire preventivamente, essere rigorosi, controllare attentamente il raggiungimento degli obiettivi: sono le azioni di base del lavoro secondo il principio delle buone pratiche. Gestire l’affinamento di un vino rosso secondo questi principi permette di soddisfare i consumatori e l’azienda vitivinicola.
L’affinamento deve sviluppare e preservare gli aromi e i gusti dell’uva per rispondere alla prima attesa dei consumatori di vino: il piacere sensoriale con un’originalità dovuta al terroir. Un affinamento preciso nell’ambito del “management della Qualità” (prevenzione, rigore, tracciabilità) deve anche rispondere alle attese dei consumatori in termine di salute, sicurezza alimentare e trasparenza. E’ una fase in cui gli errori possono diminuire il valore del vino su questi punti: per esempio solfitazioni eccessive, la produzione di ammine biogene da germi di alterazione, contaminazioni chimiche da attrezzature inadatte o non correttamente disinfettate, etc.
Rispondere a tutte le attese del consumatore è oggi un passaggio obbligato per le aziende vitivinicole.

Relazione presentata al Simposio UVIVE 2002. Traduzione di Pascale Delteil. Pubblicata sul sito www.vinidea.net
Dominique Delteil – Direttore scientifico lnstitut Coopératif du Vin, Montpellier

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